Vespa Bruno - 2005 - Storia d'Italia da Mussolini a Berlusconi by Vespa Bruno

Vespa Bruno - 2005 - Storia d'Italia da Mussolini a Berlusconi by Vespa Bruno

autore:Vespa Bruno [Vespa Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Europe, Italy
ISBN: 9788852011740
Google: 50aVK-Bar78C
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2010-10-06T22:00:00+00:00


Dal Msi ad Alleanza nazionale. E Rauti se ne andò

Gianfranco Fini visse la fine della prima esperienza governativa del proprio partito nel momento in cui lo stava ribattezzando Alleanza nazionale. Questo termine compare per la prima volta in un appello di Lauro De Bosis, eroico aviatore precipitato il 3 ottobre 1931 nel mare della Corsica dopo aver inondato Roma di manifestini antifascisti in cui invitava gli italiani a unirsi, appunto, in un’«alleanza nazionale» contro il regime. E nel 1992 era stato Domenico Fisichella, docente di scienze politiche all’università di Firenze, in un suo articolo sul «Tempo» a suggerire al Msi di farsi promotore di un’«alleanza nazionale» che gli consentisse di uscire dal ghetto in cui era rimasto relegato per quasi cinquant’anni.

In un primo momento nessuno ascoltò Fisichella, anche perché Fini era stato un fiero avversario del sistema maggioritario patrocinato da Mario Segni. Vi vedeva la condanna a morte del proprio partito ed era arrivato al punto di convocare un comitato centrale con il seguente tema: come fare politica con 5 deputati. Ma siccome un anno dopo, grazie al maggioritario e all’alleanza con Berlusconi, i suoi deputati erano diventati 109, prima delle elezioni comunali del 1993 il segretario del Msi autorizzò Fisichella a sondare in segreto la Dc per vedere se era disponibile a una candidatura comune al Campidoglio. Ma l’ipotesi era abortita.

Andato al governo, Fini capì che una destra moderna doveva disancorarsi da un passato troppo ingombrante e chiese a Gennaro Malgieri, giovane direttore del «Secolo d’Italia», di stendere le tesi di un congresso rifondativo. Malgieri scrisse: «Il patrimonio di Alleanza nazionale è intessuto di quella cultura nazionale che ci fa essere comunque figli di Dante e di Machiavelli, di Rosmini e di Gioberti, di Mazzini e di Corradini, di Croce, di Gentile e anche di Gramsci». «Anche Gramsci?» chiese stupito Fini. «Sì» gli rispose Malgieri. «An deve inserirsi nel pensiero nazionale inteso nella sua globalità.» Fini annuì e così fecero gli altri membri del comitato. Si dichiararono d’accordo anche su una frase altrettanto impegnativa: «È giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato».

Dal 23 al 27 gennaio 1995 a Fiuggi si svolsero non uno, ma due congressi: uno per celebrare la morte del Msi e l’altro la nascita di An. E le parole di Fini pesarono come pietre sull’assemblea dei delegati: «Poniamo fine all’esperienza politica del Movimento sociale italiano. So quanto vi costi abbandonare la casa paterna che è stata per noi una palestra di moralità. So quanta sofferenza c’è tra noi. So di chiedervi molto, moltissimo». Pronunciò per l’ultima volta la parola «camerati» ringraziando chi, per settant’anni, era rimasto fedele alle proprie convinzioni, ma mise sul Ventennio la pietra tombale: «La destra politica non è figlia del fascismo». Interrotto trentasette volte dagli applausi, il discorso di Fini divise profondamente la platea. Mirko Tremaglia e Teodoro Buontempo furono recuperati all’ultim’ora, con il chiarimento che il riconoscimento all’antifascismo escludeva gli stalinisti del Pci.



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